lunedì 26 gennaio 2015

La cultura tradizionale: vincente nella realtà minoritaria nell'opinione pubblica

 Senza concedersi tregua, gli intellettuali della spossata sinistra confermano la catastrofica parabola dell’illuminismo disegnata da Horckheimer e Adorno lanciando segnali di resa e deponendo pietre tombali sulla loro storia.
 In un’apocalittica omelia, pubblicata nella prima pagina del quotidiano Repubblica, il fosforescente guru Eugenio Scalfari, ha consegnato Hegel e Marx  all’abisso orrido e immenso del nirvana, dichiarando che i veri maestri dell’età contemporanea sono Leopardi, Schopenhauer e Nietzsche.
 Un prestigioso collaboratore di “Repubblica”, Mario Pirani, interpretando la tesi di Karol Wojtila sul comunismo “male necessario”, ha riconosciuto addirittura che gli spaventosi delitti di Stalin erano già impastati nella buona ideologia e che, pertanto, il marxismo non può essere giustificato in alcun modo.
 Pirani, ricorrendo con affanno e forse fraintendendo la tesi del papa, ha abolito la distinzione dell'ex bene ideologico dagli errori del tiranno georgiano, affondando la scialuppa che trasportava gli orfani del socialismo reale verso le tranquille acque della franchigia concessa dalla contestualizzazione.    
 Dopo l’affondamento della scialuppa di salvataggio, alla cultura di sinistra non resta che l’oscillazione tra il nichilismo, traguardo della sconfitta sterminata e senza appello, e la patetica manfrina della sinistra greca di Alexis Tsipras, che, mentre la folla canta Bella ciao, annuncia che costituirà un governo con l'appoggio della destra e propone il New Deal, ossia la versione americana dell'economia fascista?
 Ci si chiede allora perché la tradizione detta di destra - vincente nella realtà storica e nelle ammissioni dei suoi avversari - non riesca ad esorcizzare il pallido fantasma del sinistrismo ostinatamente egemone nel talk show. Perché stenta ad affermarsi nell’opinione pubblica la cultura che, incognita, ispira gli avversari del capitalismo? Perché il pensiero della destra non riesce a  tradurre fedelmente e a commentare in modo persuasivo la realtà che testimonia il rovesciamento dell'opposizione comunista?   
 La storia, ha dimostrato che la natura umana è refrattaria e irriducibile all’utopia comunista e ha stabilito che la ragione è di destra. Tuttavia il pensiero che prevale nella pubblica opinione è ancora inclinato a sinistra.
 Chi osserva i comportamento delle persone che gli stanno intorno non ha difficoltà a vedere la moltiplicazione degli sdoppiamenti, il fiorire di vite incoerenti, vissute secondo i principi della destra da parte di persone che pensano di appartenere alla sinistra perduta.
 Evidentemente tra la realtà e il pensiero degli esistenti doppi, gli elettori di sinistra, esiste un vuoto che i politicanti a destra non hanno finora saputo colmare.
 Non ha senso attribuire la depressione della cultura di destra al potere della sinistra mediatica, quando  proprio la sinistra mediatica è intenta alla demolizione della vecchia ideologia e al trasbordo dei suoi miti sulla nave della capitolazione.
 La spiegazione del paradossale stato di minoranza in cui si trovano le idee dominanti nella realtà delle cose, deve essere dunque cercata in una segreta debolezza degli intellettuali e dei politici che di quelle idee sono o dovrebbero essere interpreti.  
 Senza dubbio la prima radice della debolezza “a destra” si trova negli scismi cattolici in atto dopo il Vaticano II.
 I nuovi teologi e i nuovi pastori, sconcertati dal defunto cardinale Carlo Maria Martini, hanno profetizzato l'associazione della cristianità con la perdente rivoluzione proletaria. La gerarchia cattolica, pertanto, è stata obbligata ad ignorare la possibilità di riformare il capitalismo senza appiattirsi sul cadavere dell'ideologia della sinistra.
 Di qui lo scandalo dei cattolici impegnati a sostenere i partiti che (lo ha denunciato a tempo debito il cardinale Camillo Ruini) promuovono il sottosviluppo, l’aborto, la libera droga, la pederastia, il furore eco-animalista e la liquidazione delle scuole cattoliche.
 D’altra parte non si può negare che l’area della destra culturale, durante i lunghi anni dell’emarginazione, è stata flagellata e debilitata da suggestioni disfattiste, favorite dall’assenza di concrete prospettive politiche: attraverso il varco aperto dalle suggestioni disfattiste sono passati gli autori (Julius Evola, René Guénon, Spengler, Emil Cioran, Armando Plebe, Alain De Benoist ecc.) di una destra inclinata al nichilismo.
 I suonatori di trombone, che la cattiva sorte ha  assegnato alla destra, hanno eclissato la memoria di Giovanni Volpe, il più geniale organizzatore culturale che la destra abbia mai avuto, disperdendo in  inutili rivoli le testimonianze di quelle grandi figure del Novecento  (Cornelio Fabro, Nicola Petruzzellis, Michele Federico Sciacca,  Carmelo Ottaviano, Marcel De Corte, Ettore Paratore, Thomas Molnar, Pedro Galvao de Sousa, Raimondo Spiazzi, Tito Centi, Marino Gentile, Augusto Del Noce, Rocco Montano, Maria Adelaide Raschini) che hanno attuato il progetto di rinnovamento cristiano della filosofia.
 Allo stesso modo sono stati estromessi dalla memoria storica e sostituiti da oscuri seguaci di Hobbes e Schmitt i grandi teorici del diritto naturale, gli autori che hanno approfondito la lezione di San Tommaso, di Vico e di Rosmini: Giorgio Del Vecchio, Francisco Elias de Tejada, Giuseppe Capograssi, Sergio Panunzio, Antonio Messineo, Sergio Cotta.  
 La politica della destra, dopo le elezioni greche, deve per forza incominciare dalla scelta di un indirizzo univoco in materia di filosofia, di filosofia del diritto e di economia.


Piero Vassallo

1 commento:

  1. Molto pertinente.
    Gustavo Bontadini che stimo diceva che siamo ad un grande tornante del pensiero...

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