Senza
concedersi tregua, gli intellettuali della spossata sinistra confermano la
catastrofica parabola dell’illuminismo disegnata da Horckheimer e Adorno
lanciando segnali di resa e deponendo pietre tombali sulla loro storia.
In
un’apocalittica omelia, pubblicata nella prima pagina del quotidiano Repubblica,
il fosforescente guru Eugenio
Scalfari, ha consegnato Hegel e Marx
all’abisso orrido e immenso del
nirvana, dichiarando che i veri maestri dell’età contemporanea sono Leopardi,
Schopenhauer e Nietzsche.
Un
prestigioso collaboratore di “Repubblica”, Mario Pirani, interpretando la tesi
di Karol Wojtila sul comunismo “male
necessario”, ha riconosciuto addirittura che gli spaventosi delitti di
Stalin erano già impastati nella buona
ideologia e che, pertanto, il marxismo non può essere giustificato in alcun
modo.
Pirani,
ricorrendo con affanno e forse fraintendendo la tesi del papa, ha abolito la
distinzione dell'ex bene ideologico dagli errori del tiranno georgiano,
affondando la scialuppa che trasportava gli orfani del socialismo reale verso
le tranquille acque della franchigia concessa dalla contestualizzazione.
Dopo
l’affondamento della scialuppa di salvataggio, alla cultura di sinistra non
resta che l’oscillazione tra il nichilismo, traguardo della sconfitta
sterminata e senza appello, e la patetica manfrina della sinistra greca di
Alexis Tsipras, che, mentre la folla canta Bella ciao, annuncia che
costituirà un governo con l'appoggio della destra e propone il New Deal, ossia
la versione americana dell'economia fascista?
Ci si
chiede allora perché la tradizione detta di destra - vincente nella
realtà storica e nelle ammissioni dei suoi avversari - non riesca ad esorcizzare
il pallido fantasma del sinistrismo ostinatamente egemone nel talk show. Perché stenta ad affermarsi
nell’opinione pubblica la cultura che, incognita, ispira gli avversari del
capitalismo? Perché il pensiero della destra non riesce a tradurre fedelmente e a commentare in modo
persuasivo la realtà che testimonia il rovesciamento dell'opposizione
comunista?
La
storia, ha dimostrato che la natura umana è refrattaria e irriducibile
all’utopia comunista e ha stabilito che la ragione è di destra. Tuttavia il pensiero che prevale nella pubblica opinione
è ancora inclinato a sinistra.
Chi
osserva i comportamento delle persone che gli stanno intorno non ha difficoltà
a vedere la moltiplicazione degli sdoppiamenti, il fiorire di vite incoerenti,
vissute secondo i principi della destra da parte di persone che pensano di
appartenere alla sinistra perduta.
Evidentemente
tra la realtà e il pensiero degli esistenti doppi, gli elettori di sinistra,
esiste un vuoto che i politicanti a
destra non hanno finora saputo colmare.
Non ha
senso attribuire la depressione della cultura di destra al potere della
sinistra mediatica, quando proprio la
sinistra mediatica è intenta alla demolizione della vecchia ideologia e al
trasbordo dei suoi miti sulla nave della capitolazione.
La
spiegazione del paradossale stato di minoranza in cui si trovano le idee
dominanti nella realtà delle cose, deve essere dunque cercata in una segreta
debolezza degli intellettuali e dei politici che di quelle idee sono o
dovrebbero essere interpreti.
Senza
dubbio la prima radice della debolezza “a destra” si trova negli scismi
cattolici in atto dopo il Vaticano II.
I nuovi
teologi e i nuovi pastori, sconcertati dal defunto cardinale Carlo Maria
Martini, hanno profetizzato l'associazione della cristianità con la perdente
rivoluzione proletaria. La gerarchia cattolica, pertanto, è stata obbligata ad
ignorare la possibilità di riformare il capitalismo senza appiattirsi sul
cadavere dell'ideologia della sinistra.
Di qui
lo scandalo dei cattolici impegnati a sostenere i partiti che (lo ha denunciato
a tempo debito il cardinale Camillo Ruini) promuovono il sottosviluppo,
l’aborto, la libera droga, la pederastia, il furore eco-animalista e la
liquidazione delle scuole cattoliche.
D’altra
parte non si può negare che l’area della destra culturale, durante i lunghi
anni dell’emarginazione, è stata flagellata e debilitata da suggestioni
disfattiste, favorite dall’assenza di concrete prospettive politiche:
attraverso il varco aperto dalle suggestioni disfattiste sono passati gli
autori (Julius Evola, René Guénon, Spengler, Emil Cioran, Armando Plebe, Alain
De Benoist ecc.) di una destra inclinata al nichilismo.
I
suonatori di trombone, che la cattiva sorte ha
assegnato alla destra, hanno eclissato la memoria di Giovanni Volpe, il
più geniale organizzatore culturale che la destra abbia mai avuto, disperdendo
in inutili rivoli le testimonianze di
quelle grandi figure del Novecento
(Cornelio Fabro, Nicola Petruzzellis, Michele Federico Sciacca, Carmelo Ottaviano, Marcel De Corte, Ettore
Paratore, Thomas Molnar, Pedro Galvao de Sousa, Raimondo Spiazzi, Tito Centi,
Marino Gentile, Augusto Del Noce, Rocco Montano, Maria Adelaide Raschini) che
hanno attuato il progetto di rinnovamento cristiano della filosofia.
Allo
stesso modo sono stati estromessi dalla memoria storica e sostituiti da oscuri
seguaci di Hobbes e Schmitt i grandi teorici del diritto naturale, gli autori
che hanno approfondito la lezione di San Tommaso, di Vico e di Rosmini: Giorgio
Del Vecchio, Francisco Elias de Tejada, Giuseppe Capograssi, Sergio Panunzio,
Antonio Messineo, Sergio Cotta.
La
politica della destra, dopo le elezioni greche, deve per forza incominciare
dalla scelta di un indirizzo univoco in materia di filosofia, di filosofia del
diritto e di economia.
Molto pertinente.
RispondiEliminaGustavo Bontadini che stimo diceva che siamo ad un grande tornante del pensiero...