Ne Il cortile dei gentili, trasmissione di
Rai 5 avente l’ambizione di produrre l’intervento di autorevoli esponenti della
cultura su temi fondamentali dell’esistenza, questa volta sono comparsi ben due
rappresentanti del Vaticano.
Di uno di essi (cardinale addetto alle omelie
domenicali d’un’emittente televisiva di prima grandezza) ho già parlato a proposito del tema proposto
in precedenza: La verità. Il secondo,
che ha dato man forte a lui e soprattutto
ai disgregatori del cattolicesimo, è bensì un cardinale, arcivescovo e reputato
teologo.
L’ultimo argomento trattato è La laicità. In effetti, non ho assistito
a una discussione, data l’assenza di oppositori alla laicità, che viene data
per acquisita. Il suo concetto comporta un’indiscutibile riconoscimento di pari
dignità delle varie posizioni religiose, e l’indipendenza del potere secolare
da una legge superiore e invariabile.
Un minimo dibattito verteva sull’esagerazione
della laicità, sconfinante nel laicismo negatore dei valori religiosi, e sul
modo di conciliare le discrepanze delle differenti fedi religiose, nei loro
rapporti reciproci e nel presunto frutto che da essi si otterrebbe.
Nella presente condizione della mentalità
invalsa e della cultura imposta, tutto era scontato: l’arricchimento dovuto alle
diversità che si incontrano e si intrattengono dialogando, la possibilità delle
armonizzazioni che paiono difficili, il beneficio della tolleranza d’ogni parte
e l’ammissione delle influenze esercitate dalle varie dottrine nella società,
la condanna dei fondamentalismi, che mancano sempre di giustizia.
Insomma, la noia di un discorso largamente
prevedibile e, a scelta, scettico, ipocrita, sofistico, irrealistico,
debosciato. La realtà vuole che le religioni abbiano radici fra loro
incompatibili, vuole che siano piante di specie rivali, comprese quelle
eretiche rispetto alle ortodosse. E non esiste laicità di stato che possa
dirimere il contrasto tra le disparate vedute sul mondo e sull’uomo, sul
destino terreno e ultraterreno.
Ma questi intellettuali, la loro
rappresentanza invitata a discettare nella trasmissione, fingono che, per
esempio, l’inimicizia tra maomettani sunniti e sciiti avvenga solo per motivi etnici,
ambientali o politici. Di più il cozzo si verifica tra ebrei e vicini
musulmani, tra ortodossi e uniati.
Gli eminenti opinionisti fingono che lo stato
laico, decidendo nella materia morale comune a quella delle religioni, non debba
entrare in conflitto con esse. Il conflitto c’è sempre stato e sempre ci sarà,
finché ci saranno religioni non addomesticate, non parvenze delle credenze originarie,
non credenti elastici, ossia penosamente recanti una sacra etichetta e praticanti
qualche devozione estenuata e farcita di incongruità.
In questo caso, i fiduciosi e anche i
dubbiosi opinano che esiste la buona fede, che anche una religione indebolita,
venuta a compromessi, conserva la sua virtù, specie la virtù della professione cattolica.
Non è così. Inevitabilmente si ripresenta la calamità dell’errore: che esso sia
dottrinale dalla parte dei fedeli o che
provenga dagli altri cui si dà credito - ma questo dar credito infondato torna
a guastare la dottrina.
Dunque l’importanza dell’errore. Non c’è
buona fede che tenga: l’errore è mortale. È seduzione, altrimenti non saremmo i
peccatori nominati nell’Ave Maria; è
paragonabile all’offerta che fa di sé una bella donna ad un uomo. Pochi
resistono alla concupiscenza. Nn ci si salva trascurando l’intera osservanza e
i Sacramenti. L’errore produce proprio questo male: rovina l’osservanza e i
Sacramenti. Basta poco, basta una piccola omissione, un buchetto nella rete di
salvezza, per far posto al peccato abituale, per rendere vane anche le
devozioni.
Diversamente Nostro Signore non avrebbe detto
che non uno iota della legge sarebbe mai stato abrogato.
Ora, la laicità che cos’altro è se non la
negazione dell’unica regola di salvezza, essendo indifferente verso tutte le
religioni e, per di più, arrogandosi il diritto di stabilire norme contrarie ad
esse? L’errore agisce tanto nelle leggi dello stato laico, quanto emanando
dalle false religioni rispettate.
La montatura della laicità è consentita da un
certo equilibrio sociale ottenuto soltanto con lo snaturamento della dottrina,
con la connivenza e col tradimento dei chierici.
Dati i presupposti, la partecipazione di due
cardinali avrebbe dovuto essere impossibile, rifiutata assolutamente. Il primo,
cui era concesso l’intervento iniziale, ha confermato le premesse. Ha affermato
la giustezza dell’autonomia della sfera politica, la legittima laicità che non
fa distinzione tra vero e falso nella sfera religiosa, bensì ritenuta autonoma.
Immane sciocchezza. La sfera politica deve includere
la morale; pertanto invade la sfera religiosa, a meno che, nel comune campo
morale non concordi con essa. Ma come potrebbe farlo, se in quel campo non ne
riconosce l’autorità sopraordinata e, per giunta, onora ugualmente ogni credo
dimorante nel suo territorio?
Il secondo porporato ha ripetuto, di passata,
che la laicità è al servizio del popolo, per il suo bene, eccede soltanto
allorché insiste sul riscatto del popolo dal potere ecclesiastico, che è cosa
superata. Egli si è soffermato sul valore dei simboli, esprimenti il
superamento dell’ideologia e meritevoli d’essere mantenuti, purché non cadano
nella provocazione verso chi la pensa diversamente.
Gira e rigira la diversità solleva problemi,
che sono ben maggiori dei vantaggi, quando i diversi vogliano restare coerenti,
fedeli autentici.
Filo conduttore del filmato è il commento
fuori campo che accompagna un emblematico viandante dal passo spedito, e però senza
meta, attraverso il mondo multiforme. Finché ritorna il primo cardinale ad
assumere l’incarico della chiusura. Oh, possono lasciargliela! Anzi, viene
benissimo agli ideatori de Il cortile dei
gentili! Egli se la sbrigherebbe
– dopo aver osservato che Stato e Chiesa si interessano d’una stessa realtà
codificando il tipo di rapporti umani, risolvendo i problemi della libertà,
della dignità della persona, del fine dell’esistenza, della giustizia, dei
valori etici, nella rispettiva debita autonomia - sciogliendo l’enorme matassa
(evidentemente mal posta), con che cosa? Col dialogo, s’intende! Con questa stupida
magia, per la quale non prevarrebbe una sola voce, non si porrebbe né il
laicismo né il clericalismo, egli conclude.
Figuriamoci il buon governo che fa da sé come
un qualsiasi presuntuoso, e che deve condurre una massa ormai slegata dal freno
religioso, un consorzio civile da viziare e stordire in continuazione!
Mette conto di scomodare ancora la santa
schiera dei Pontefici, che si rivolteranno nelle tombe, e i dogmi definiti in
contrario? Macché! Basta e avanza il senso comune e, naturalmente, pregare per
tutti quanti.
Piero Nicola
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