Secondo
la teologia pre-malthusiana, Dio aveva detto ai progenitori "andate e
moltiplicatevi". Mia nonna (1870-1928) prese sul serio quel comando,
che oggi, grazie alla dottrina del regnante pontefice, sappiamo esser stato
affrettato, conigliesco e poco
rispettoso dei princìpi ecologici, e generò otto figli. Diventò madre
dimenticando, otto volte, di riflettere sulla modestia del reddito familiare.
Forse
avrebbe generato altri figli, se non che il suo ancora giovane marito, morì
durante un viaggio di lavoro.
Otto
giovanissimi figli di madre vedova, il più grande aveva quindici anni, nella
assoluta mancanza di ammortizzatori sociali, agli occhi del nostro
prudentissimo tempo costituirebbero una situazione angosciante e quasi insolubile.
Otto
figli, nell'imprudente passato preconciliare, tuttavia non erano un vergognoso
problema: le famiglie numerose, infatti, erano una regola e i fratelli della
vedova soccorsero generosamente l'infelice famiglia.
Gli
otto orfani furono mantenuti agli studi,
crebbero senza stenti e raggiunta la maturità ebbero una vita normale e in
alcuni casi benestante.
Spiace
dirlo, la deprecata fertilità dei conigli preconciliari produceva una società
capace di donare i vantaggi sociali che oggi sono elargiti a goccia e a caro
prezzo dallo stato democratico.
Nel mio
sangue scorre un'antica e quasi eretica imprudenza genitoriale, un
antico vizio genetico rafforzato da una nascita avvenuta contro il consiglio
del medico, che informò mia madre del
pericolo mortale strettamente associato ad una eventuale temeraria
gravidanza.
Debbo
vergognarmi delle mie conigliesche ascendenze? Devo condannare le scelte dei
miei ascendenti? Devo vergognarmi del coraggio di mia madre?
Risponde
la deprimente osservazione di Genova, un tempo orgoglio del cardinale Giuseppe
Siri oggi moderna, funerea città, refrattaria alla cultura dei conigli: in
pochi decenni la sua popolazione è discesa vertiginosamente, da novecentomila a
cinquecento novantamila abitanti.
Una
città prospera si è raggrinzita e appiattita su una vecchiaia rassegnata e
desolata. La città da conigliera benestante è diventata un sarcofago circondato
da giovani rassegnati alla disoccupazione. Una comunità vivace è discesa nelle
afflizioni della malinconia laica e democratica, in uscita (qualcuno dice
jettatoria) dalle canzoni ispirate dall'ideologia al potere.
Non ho
niente da dire contro il pontefice regnante sulla pia infecondità. Ma la
tristezza di Genova, capitale mondiale, della denatalità e della mestizia, è
tentata di gridare ad alta voce contro l'aeroplano su cui piamente si discorre
di eccessi demografici, da frenare con pillole, preservativi e ingiudicabili
atti contro natura.
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