sabato 24 gennaio 2015

La cultura oltre la destra: Fausto Gianfranceschi critico dell'economicismo liberale

Nel 1977 il progetto culturale di Armando Plebe era affondato nel gorgo delle contraddizioni pirandelliane, che avevano infradiciato la baracca sincretista messa in piedi da Giorgio Almirante, l'autore del goffo e presuntuoso tentativo di aggiornare e nobilitare la politica realistica di  Arturo Michelini.
 Vivente e attiva era invece la cultura degli studiosi, che Almirante aveva emarginato al fine di promuovere la cultura dell'et ... et ... nella persona di un filosofo radical chic, per l'occasione truccato da turista della vita e del pensiero.
 Nei giorni 7-8-9 aprile del 1978, nella Sala del Trono di Palazzo Pallavicini, si svolse, con la partecipazione di illustri economisti e con una rappresentanza dei rifiutati dal Msi, costituita da Fausto Gianfranceschi, Giano Accame, Nicola Petruzzellis, Marino Gentile, Marco Tangheroni, Francesco Grisi, Piero Vassallo, il sesto incontro romano della cultura, organizzato dalla Fondazione Gioacchino Volpe.
 Gli studiosi intervenuti nel dibattito sul tema proposto da Giovanni Volpe, Il non primato dell'economia, tema oggi più che mai attuale, esplorarono le possibili alternative alla mitologia materialistica usata dalle scolastiche d'osservanza moderna sedicente liberale, per costituire il desolante regno dell'usuraio senza Dio [1].
 Fra i numerosi, appassionati interventi al convegno oggi merita una speciale attenzione, a causa della sua intatta attualità, il testo della magistrale relazione di Fausto Gianfranceschi, intitolata Cultura e finanza internazionale.  
 Gianfranceschi aveva la chiara visione della temibile insidia rappresentata dalla sottocultura al potere e dal suo progetto finalizzato a "precipitare il mondo nella barbarie o di placarlo in un ordine capovolto, che è sinonimo di oppressione totale; minaccia di estirpare la cultura, secondo il modello orwelliano della neolingua, che paralizza la mente e la fantasia".
 Con singolare acume, Gianfranceschi comprese che il progetto di avvilire la società era concepito e promosso dalla cultura omogenea all'alto capitalismo e al proposito citava il caso del settimanale L'Espresso, "libera creazione della più grande industria privata italiana la Fiat".
 Di qui una diagnosi impietosa "la mentalità sottoculturale snobisticamente coltivata dall'Espresso ha favorito in Italia il disgregamento dei valori etico-religiosi e l'avanzata della sinistra più di tutti i centri di potere culturale in cui sono infiltrati i comunisti".
 Il medesimo sguardo penetrava la realtà rivoluzionaria d'America e rammentava alla destra illusa (ancor oggi intontita dal tradizionalismo liberaloide, predicato da banditori di scuola pliniana) che nella fortezza delle libertà "le grandi  fondazioni - Ford, Rockefeller ecc. - elargiscono incarichi culturali, posti universitari, borse di studio e borse di ricerca con notevole liberalità economica, ma selezionando un preciso orientamento ideologico (liberal, cioè radicale, o aperto alla cosiddetta nuova sinistra) del loro assistiti".
 Formulato un tale giudizio diventò possibile una lucida, preveggente/devastante analisi della decadenza italiana, avviata alla fine degli anni Settanta: "Le Brigate Rosse parlano in termini marx-leninisti contro il potere delle multinazionali, e quindi non possono considerare la realtà obiettiva, ossia che questo potere delle multinazionali, almeno in Italia, si è esteso proprio con il favore della pressione ideologico-culturale marxista". A sostegno della sua tesi Gianfranceschi cita due saggi, editi nel 1978 da Armando: Il capitalista nudo, dell'americano Willard Cleon Skousen  (1913-2006) e Da Wall Street alle Botteghe oscure, di Stefania Vaselli.
 Skousen ha dimostrato l'esistenza di una congiura internazionale, avviata e guidata da un ristretto nucleo di potenti finanzieri e finalizzata alla costituzione di un grande impero, governato da loro.
 La regola della strategia concepita da finanzieri è l'avvilimento della morale: "una società libera, ove sopravvivono i valori etici individuali anche nell'imprenditoria, è meno disponibile all'egemonia del grande capitale finanziario".
 Gianfranceschi sostiene che Skousen non si limita ad enunciare la sua tesi, la documenta dimostrando che "le grandi fondazioni americane hanno sempre finanziato gli intellettuali e i politici ... disposti in un modo o nell'altro ad appoggiare questo disegno".
 E' forse un caso, la mia è una cauta domanda, che la guerra contro la morale sessuale sia condotta dal finanziere Georges Soros, l'uomo più ricco del mondo?

Piero Vassallo




[1]             I testi degli interventi sono raccolti in un volume dal titolo Il non primato dell'economia, edito nel 1979 da Giovanni Volpe, editore in Roma. Il volume (fatta eccezione per alcuni interventi marginali) meriterebbe una ristampa a cura di un editore d'area.

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